La capacità di correggere
gli errori
Gianni
Riotta
13/07/2013
Ricorre quest’anno il Cinquecentesimo anniversario della pubblicazione di uno dei capolavori
del pensiero mondiale, Il
Principe di Machiavelli, opera che
rivaleggia con la Divina
Commedia di Dante per traduzioni
dalla nostra lingua. Se avrete
la pazienza di rileggere la fatica del Segretario fiorentino resterete impressionati da come, nella sua visione del Potere, degli Interessi,
della Forza e della Strategia nulla sia mutato
dai turbolenti giorni delle Corti
e dei Principati. Obama contro Putin, Xi Jinping contro il premier giapponese Abe, le manovre navali congiunte Mosca-Pechino, i marines che arrivano in Australia, l’intero nostro tempo ancora si inquadra
nel Potere che si fa
Leone, Volpe, che si cura di Essere
o di Apparire, di far Paura o indurre Amore.
Tutto, tranne i social media, il web, l’epoca dei personal media che rendono il
Potere sottoposto a un caleidoscopio di informazioni, controlli, dibattiti, trasparenza. Se i familiari di
Muktar Ablyazov, dissidente kazako, fossero stati deportati
dall’Italia al loro Paese nei giorni
della vecchia diplomazia e del vecchio potere, secondo la sintassi feroce così genialmente studiata (non difesa, si badi) da
Machiavelli, nessuno di noi avrebbe mai
sentito parlare di loro.
E
questo articolo non sarebbe mai finito
in prima pagina su La Stampa. Soffrire di nascosto e in silenzio era la pena dei deboli, imporre
la loro ferrea volontà a piacimento era il privilegio dei
forti. L’esilio, l’oblio, l’emarginazione, condivise da Dante e Machiavelli,
venivano comminate dal solo capriccio del Principe. Se oggi
il governo di Enrico Letta,
Angelino Alfano ed Emma Bonino, dopo una
campagna di opinione pubblica guidata da questo
giornale, torna sui propri passi e riconosce l’incongruenza di affidare profughi
inermi ai loro possibili persecutori si deve al potere morale dell’opinione pubblica diffusa dal web, oltre naturalmente alla loro sensibilità
umana.
In
altri tempi, la regola burocratica poteva essere applicata passando inosservata, magari seguendo alla lettera la legge e il protocollo
l’espulsione poteva anche essere comminata,
ma il web rende il motto antico «Summum ius summa iniuria» una legge
morale più forte di quella scritta. Seguire un diritto la cui conseguenza è l’ingiustizia può salvare la coscienza di un burocrate, ma oggi non è più difendibile davanti a tanti cittadini con in mano uno smartphone e una connessione internet. L’ambasciatore italiano a
Washington Bisogniero ha chiesto
a dirigenti della Casa
Bianca, del Dipartimento di
Stato e docenti Usa di dibattere
la «cyberdiplomacy» tra Usa e Europa e il risultato è stato sorprendente: il consenso è che
il web ha mutato per sempre i rapporti
tra gli Stati.
Se
per i tiranni, delle grandi e piccole potenze, questa è una minaccia
che alla lunga potrebbe anche essere fatale, per i leader delle democrazie è insieme una costrizione e un’opportunità. A breve li rende soggetti
a valutazioni da fare sotto
pressione, come quelle opportunamente prese infine sulla famiglia
Ablyazov. Alla lunga però concede un termometro di temperatura
etica del Paese, dando ai governi,
grazie al web, un dialogo fitto
e continuo con la gente. La capacità
di autocorrezione degli errori e il dibattito libero
sono la vera forza della democrazia
rispetto ai regimi autoritari, costretti sempre a restare ingessati nella volontà assoluta
del Capo, e blindati ai loro errori.
Non
si tratta di un antibiotico politico che cancella ogni
male, naturalmente e presto i
leader, anche studiando l’andamento dei Big Data sul web, riusciranno a manipolare e a guidare la discussione nei loro Paesi. Ma in profondo, oggi, i sistemi hanno
una chance di essere davvero «società aperte» come sognava il filosofo
Popper, che solo una generazione fa sarebbe stata illusoria.
Bene ha fatto dunque il governo
Letta a recedere da una scelta
non felice, bene hanno fatto tutti
coloro che hanno lavorato online perché si arrivasse
all’esito positivo. Meglio ancora se, in futuro, l’Italia saprà prevenire incidenti del genere, dandosi carattere da Paese amico
dei dissidenti politici e aperto agli esiliati, come ricordano i libri
di scuola è nella tradizione del nostro Risorgimento.
Quanto a Machiavelli, tornasse
oggi tra noi a festeggiare il mezzo millennio del suo capolavoro, non esiterebbe ad includere un capitolo sull’online, indicando con la sua prosa lapidaria al Principe come governare il web da Leone e ai suoi
rivali digitali come opporsi da Volpi
internet.
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