Alle sartine cinesi
il primo oro
olimpico
Gianni Riotta
14/7/2012
Quale momento più patriottico di un atleta che vince per il proprio Paese la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici, la bandiera alta sul pennone, lacrime sul podio, le note solenni dell’inno nazionale. E negli Stati Uniti, che si accingono a Londra a contestare alla Cina il primato di ori perduto a Pechino nel 2008 51 a 36, telecamere in primo piano, audience rapita e un contratto di pubblicità per le scatole di cereali da breakfast.
L’idillio sembra però spezzarsi in una querelle estiva che, dalle Olimpiadi, rischia di contagiare la campagna elettorale tra il presidente Obama e lo sfidante repubblicano Romney. Un servizio della rete televisiva Abc rivela che le uniformi della poderosa squadra americana, disegnate dallo stilista Ralph Lauren, sono Made in China, 100%.
Apriti cielo della retorica: fosse evento olimpico la propaganda populista, da ieri a Washington ogni record sarebbe spezzato. Il leader democratico del Senato Harry Reid dichiara «Dovrebbero bruciare quelle uniformi in una pira. Meglio andare in giro con un solo disegno addosso, ma che dica almeno Made in Usa». Lo Speaker della Camera, il repubblicano Boenher, ringhia: «Al Comitato olimpico Usa non capiscono niente». La sua rivale democratica, signora Pelosi, raddoppia: «I nostri atleti faticano tanto, sono così belli, dovrebbero solo vestire Made in America!». Il festival delle panzane arruola Bernie Sanders, l’unico senatore socialista americano, per cui la scelta delle uniformi mette a rischio milioni di posti di lavoro, mentre il senatore Sherrod Brown accusa la Cina di trucchi commerciali e presenta una legge perché nel 2014 gli sportivi vestano Made in Usa.
Le povere uniformi di Ralph Lauren, pantaloni bianchi larghi alla Grande Gatsby per gli uomini, gonna a pieghe immacolata da tennista Wimbledon inizio secolo per le donne, per tutti blazer blu da Commodoro e un buffo basco alla francese, erano già state distrutte dalle recensioni di moda. «Sono doganieri o atleti?» ironizza l’esperto Robert Verdi. Severo il blog Fashionista: «La moda snellisce le donne un po’ pesanti, le uniformi trasformano atlete in formissima in pesanti matrone». E i dispettosi francesi della tv France 24 twitter @france24 stuzzicano: l’America indossa il basco caro a noi parigini. Non mancano infine i veterani di Milltown, località del New Jersey, offesi perché la bandiera a stelle e strisce sulle giacche blu è più piccina del logo Ralph Lauren: «I nostri giureranno con la mano sul cuore per una ditta che produce in Cina, non sulla bandiera Old Glory».
Ci sarebbe da ridere, come ai tempi della guerra in Iraq quando sul menù del ristorante del Congresso le patatine fritte, «french fries», vennero ribattezzate «liberty fries». Ma la pagliacciata nasconde un malessere profondo tra Usa e Cina, legato alle difficoltà economiche di Washington dopo la crisi e alla frenata nella crescita, ora a 7,6, di Pechino. Gli Usa devono creare lavoro (Obama rischia su questo la rielezione), la Cina deve correre per eliminare la povertà rurale (è il nodo del congresso del Partito comunista in autunno).
Mitt Romney giura che, se eletto, dichiarerà la Cina «manipolatrice di valuta», obbligandola ad apprezzare lo yuan, cosa che Pechino ha già fatto. Lo diceva anche Obama da candidato, come G. W. Bush e Clinton, salvo non fare nulla dalla Casa Bianca contro un Paese che vende sì agli americani merci per un surplus di $ 273 miliardi l’anno (€ 225 miliardi) ma resta partner essenziale e detiene la più pingue fetta di debito Usa nel mondo. Le uniformi del Team Usa sono prodotte in Cina perché, se realizzate in America, non costerebbero i 1500 dollari del prezzo di etichetta (€ 1240) ma molto di più, e il Comitato olimpico campa di sponsor privati. Se non vi piacciono i pantaloni a sbuffo, le gonne a pieghe e il blazer doppio petto, fate il calcolo sull’iPad. Prodotto dell’intelligenza di Silicon Valley, realizzato in Cina da operai che guadagnano meno di 30 euro al giorno ($ 36), un iPad 3 costa 299 dollari, un iPad 4 $ 499. La rivista Atlantic ha studiato quanto costerebbero gli iPad se prodotti interamente negli Usa, da operai che guadagnano $ 35 l’ora (ci vogliono circa 9 ore per completare un iPad), e aggiungendo i costi del lavoro, delle assicurazioni e dell’indotto, per esempio l’estrazione dei minerali in uno Stato Usa, l’elegante tablet Made in Usa costerebbe tre volte il suo prezzo Made in China. Il tessile ha diversi parametri, ma anche i discussi abiti del Team Usa si pagherebbero circa il doppio.
Politica e sport, si sa, non si dovrebbero mai mischiare e sempre si mischiano. Per i Giochi Olimpici di Londra 2012 la querelle Ralph Lauren è solo un inizio, ma finirà in nulla, dopo la Cerimonia di chiusura e la notte elettorale di novembre. Cina e Usa restano partner, nel bene e nel male, il giorno dello show down, che ci sarà, non è vicino. La morale nascosta della favola, di cui i deputati Usa dovrebbero essere fieri, è che Ralph Lauren, lo stilista che ha fatto di tutti gli americani raffinati Wasp, bianchi protestanti anglosassoni vestiti come studenti privilegiati delle nobili università Ivy League, è nato nel Bronx povero, da una famiglia ebrea, si chiamava Ralph Lipschitz, e s’è reinventato da solo in maestro di stile aristocratico. E’ questa la forza segreta di Team Usa, intrecciare culture lontane. Se la canzone simbolo del Natale, White Christmas, è stata scritta dal musicista ebreo Izrail’ Moiseevic Bejlin, più noto col nome d’arte di Irving Berlin, perché mai non si potrà ascoltare l’inno Star spangled banner dopo un oro olimpico con l’abito cucito da una brava sarta cinese? Che c’è mai di più «americano»? Ma non sperate di spiegarlo a un demagogo in pieno doping da campagna elettorale.