Spegnere il Web? Così
l'Occidente fa un assist ai raiss
JUAN
CARLOS DE MARTIN
14/8/2011
Giovedì scorso alle
quattro del pomeriggio a San Francisco sta iniziando l’ora di punta per cui molte persone si
dirigono verso le stazioni
della Bay Area Rapid Transit (Bart) per prendere un treno per tornare a casa. In quattro stazioni, però, capita qualcosa di inaspettato: per ben tre ore, fino
alle sette di sera, tutti i telefoni cellulari
smettono di funzionare. Medici in reperibilità,
manager, genitori ansiosi e
tanti altri si riducono a fissare
schermi muti e a interrogarsi sul
motivo del black out. Loro
non lo sanno ancora, si saprà solo il giorno dopo, ma la causa non è - come verrebbe naturale pensare - un serio problema tecnico. Piuttosto Bart, con una decisione senza precedenti, ha spento, senza preavviso, i cellulari dei
propri clienti.
Che cosa ha spinto
Bart - che è un ente pubblico - a fare quello che la Rete
in queste ore sta chiamando «un Mubarak», ricordando
lo spegnimento dei telefoni cellulari e di Internet ordinato dal deposto raiss
egiziano durante l’insurrezione di pochi mesi fa?
Motivi di sicurezza, ha dichiarato ieri Bart. Giovedì in quelle ore e in quelle stazioni, infatti, era prevista una manifestazione di protesta contro
l’uccisione il
3 luglio scorso di un senza tetto
da parte di un agente della sicurezza Bart. Manifestazione che Bart ha cercato di ostacolare - apparentemente con successo, dal momento che
non si è poi tenuta - spegnendo indiscriminatamente tutti i telefoni
cellulari nelle zone previste come calde.
Riflettiamo un momento:
un’azienda di trasporti, con un processo decisionale esclusivamente interno, decide senza preavviso di interrompere
la capacità di comunicare di privati
cittadini (capacità per la quale i cittadini
peraltro pagano) invocando generiche opportunità di sicurezza.
Non sorprende
che, oltre all’indignazione della Rete, le principali associazioni americane per i diritti civili,
come Aclu e Eff, abbiano già severamente
condannato le azioni di Bart, preannunciando battaglie legali. La compressione della libertà di parola,
nella sua versione di poter
manifestare pacificamente,
è infatti evidente.
Tuttavia colpisce che proprio nelle
ore in cui Bart si preparava
a sconnettere i telefoni, il
primo ministro britannico
David Cameron annunciava che
il suo governo
avrebbe preso seriamente in considerazione l’ipotesi di sospendere
i servizi di Facebook, Twitter e Blackberry in caso
di «credibili minacce di violenza».
Una reazione ufficiale al ruolo della tecnologia nelle recenti violenze
inglesi. Dopo il «Mubarak» californiano,
avremo dunque presto un
«Mubarak» londinese? Dopo piazza Tahir e Embarcadero
Station, Trafalgar Square?
È urgente
ricordare a tutti i coloro che
sono tentati dal girare l’interruttore
che appena pochi mesi fa
quella stessa tecnologia - cellulari, Facebook,
Twitter - era stata giustamente
celebrata come importante fattore abilitante della primavera nordafricana.
L’Occidente in altre parole in questo momento sta correndo il grave rischio dell’ipocrisia: ciò che a Teheran o il Cairo è censura, sarebbe invece ragionevole misura di sicurezza
se fatta a San Francisco o a Londra.
Paesi autoritari come Iran
e Cina non aspettano altro: per poter rispedire al mittente eventuali nostre critiche future e magari anche per comprare con maggior tranquillità le nostre migliori tecnologie di sorveglianza.
In questo
momento, l’Occidente deve resistere all’emotività e mostrare coi fatti di
credere in ciò che predica agli
altri: ovvero, pieno rispetto dei diritti dei
cittadini, anche se questo comporta apparentemente maggior lavoro e maggior complessità. In modo da garantire che se il telefono
diventa improvvisamente muto è solo perché ci si è dimenticati
di caricarlo.