Al corteo dei neri Fischi per Hillary applausi a Obama

 

Le celebrazioni di Martin L. King Fischi per Hillary Clinton, cori da stadio per Barack Obama. La folla di migliaia di afroamericani che gremisce la piazza di fronte al Parlamento del South Carolina accoglie i due sfidanti per la nomination democratica trasformandosi in un barometro dei favori degli elettori che sabato andranno alle urne per le ultime primarie prima del Super Martedì. Quando arriva il «Martin Luther King Day», in ogni città d’America afroamericani e non scendono in piazza per una marcia che ricorda il reverendo simbolo della battaglia contro la segregazione. E quest’anno tutti gli occhi sono puntati su Columbia, roccaforte dei nostalgici sudisti e teatro dell’aspro duello presidenziale. Proprio Obama lo ha rinfocolato scagliandosi dagli schermi della tv Abc contro Bill Clinton, definito «un marito di parte» e non più «il leader di tutti» a causa di «inquietanti» prese di posizioni a favore di Hillary e «infondati attacchi contro di me».

La marcia inizia di fronte alla Chiesa battista di Zion, quando centinaia di fedeli escono dalla messa in memoria del reverendo assassinato nel 1968 a Memphis. Indossano magliette «Obama for President», spillette con l’immagine di Obama sovrapposta a King e portano cartelli con su scritto «Barack ’n Roll» e «No Clinton Dynasty». La marcia inizia quando un gruppo di giovani reclute con le giubbe blu dei «Buffalo Soldiers», eredi dei primi afroamericani che servirono nelreggimento di cavalleria, si mette in fila dietro uno striscione che invoca migliore sanità per tutti, definendola «un diritto civile». Un attimo prima che l’anziano maresciallo della parata, con in testa il cappello dei nordisti, dia il segnale d’inizio, da un palazzo laterale esce Obama, circondato da decine di guardie del corpo. «O-bama, O-bama» scandisce la folla.

La marcia di ricordo è in realtà un rally pro-Obama ma quando la testa del corteo già vede il Capitol, spuntano dal nulla i fan di Hillary. Sono poche decine, molto rumorosi e ben organizzati. Sono giovani afroamericani, in gran parte ragazze, guidati a distanza da quarantenni bianchi. Si piazzano di fronte alle tv con i cartelli «Hillary for President», puntando a farsi vedere nei salotti d’America. I seguaci di Obama sembrano colti di sorpresa, ci sono attimi di tensione ma quando il corteo arriva di fronte alla sede del Parlamento le differenze scompaiono nel comune grido di condanna «Shame» (vergogna) contro il drappo della Confederazione sudista che sventola sulla piazza. Per gli afroamericani rappresenta la schiavitù ma i deputati hanno deciso comunque di issarlo trasformando la South Carolina in un’eccezione. Per capire chi sostiene questa scelta non serve guardare lontano: ai margini della piazza sono accampati i nostalgici con divise sudiste, cartelli razzisti e perfino la mini-scultura in plastica di un nero gettato dentro un gabinetto.

«Tirate giù quella bandiera» grida dal palco Floyd Keith, carismatico leader degli afroamericani di Indianapolis, dando la parola ai candidati presidenziali chiamati a iniziare in questa cornice l’ultima settimana di campagna. Il cerimoniale tradisce gli equilibri politici: Obama esce sul palco assieme a John Edwards mentre Hillary entra in scena tutta sola. E quando Obama va via, le dedica un breve saluto, riservando invece a Edwards un lungo abbraccio. Dal palco parlano dieci minuti a testa. Obama si presenta invoca il superamento del «deficit di moralità» che spacca l’America. Edwards, nato da queste parti, esordisce invocando Obama e chiede di combattere la povertà. Con entrambi il corteo è caloroso mentre quando tocca a Hillary, ultima a parlare, è gelo.

Ma l’ex First Lady nei momenti difficili sa dare il meglio: riassume l’eredità di King, cita la Bibbia, condanna episodi locali di razzismo e promette di «ascoltare chi non parla» con un’efficacia senza rivali. Per la piazza è impossibile non notare la differenza, l’applauso arriva ma è breve, freddo. E la gente inizia ad andare via. Hillary resta il miglior candidato ma le emozioni collettive stanno con Obama.