Due crisi
Alexander
Stille
È stata una settimana
drammatica sia negli USA sia in Italia. L’accordo (oppure il “cessate
il fuoco”) tra Obama e i Repubblicani
sul debito nazionale ha fatto scattare il
più grande crollo della borsa in due anni mentre in Italia l’economia si scioglie
per via del non-governo Berlusconi.
Non ho scritto
questa settimana anche perché sono
stato in una specie di lutto per il modo in cui è finita la contesa tra Obama e i Repubblicani
sul tetto del debito. Mi è sembrata
l’ennesima resa di Obama nei confronto
dei Repubblicani. Hanno usato una specie di “terrorismo legislativo”, adoperando un’arma mai usata
in passato. Il tetto del debito è stato alzato 66 volte negli ultimi
decenni da presidenti repubblicani come da quelli democratici in modo bi-partisan e
automatico. Qui è stato usato come una specie di pistola per prendere in ostaggio l’economia nazionale – fate quello che diciamo
noi o mandiamo in rovina il
credito nazionale! E Obama, tutto sommato,
ha ceduto. Aveva, anche lui, la possibilità
di usare un’arma nuova e ancora più potente:
alzando il
tetto del debito da solo invocando una clausola
della nostra costituzione che
dice che il credito degli USA è inviolabile. Avrebbe creato un putiferio
e una sfida costituzionale tra i rami del governo
ma avrebbe salvato il credito del paese e avrebbe dimostrato grinta. Scrivo con vero dolore, essendo stato un suo
elettore entusiasta, che Obama mi ha molto deluso. Ogni volta che viene contestato, il suo istinto
è di cercare il compromesso, di offrire subito
una via di mezzo. I Repubblicani l’hanno
capito benissimo e prendono posizioni sempre estreme sapendo che Obama offrirà subito 50 percento di quello
che vogliono per poi scendere sempre di più in cerca
di un’intesa. E infatti il
piano appena varato contiene almeno l’80 percento di quello
che volevano i Repubblicani. Nel caso del
debito nazionale, mentre moltissimi economisti sostengono che l’economia americana ha bisogno di spese governative
per stimolare la crescita e
alzare il livello di occupazione,
e poi di affrontare il problema del debito in un secondo momento quando l’economia è più forte. Il nuovo piano fa
l’esatto contrario: taglia moltissime spese governative soprattutto per i ceti medi
bassi – pensioni, sussidi per i disoccupati,
spese mediche per gli anziani – senza
un dollaro di nuove tasse per i ricchi, l’unica
categoria che ha beneficiato durante il periodo di
egemonia repubblicana. Se i repubblicani fossero un pochettino seri nel voler
affrontare il problema del debito avrebbero eliminato almeno alcuni sgravi
fiscali assurdi – come la misura che permette
alle corporation di dedurre l’acquisto di aeroplani privati
dalle loro tasse oppure quella
che permette i capi dei
Hedge Funds di pagare solo
15 percento del loro reddito, meno delle
loro segretarie. La mancanza di serietà
del piano non ha convinto, evidentemente i mercati – che hanno
perso circa dieci percento nell’ultimo mese. E ora Standard & Poors ha declassificato i buoni di
Tesoro americani per via della disfunzione del nostro governo.
L’unico aspetto positivo:
la gravità della crisi ha creato un senso di necessità
di una qualche
azione da parte del governo per evitare una seconda recessione.
E quindi la possibilità di un nuovo
piano di stimolo. I Repubblicani, nel breve termine, hanno vinto
la battaglia del debito ma ne escono con qualche
contusione: il 72 percento degli americani disapprova il loro approccio,
mentre “solo” 47 percento disapprova come si è mosso Obama. Quindi, la brutta reazione
dei mercati ha rimesso Obama in gioco.
Fa davvero ridere,
invece, la risposta di Berlusconi al crollo della borsa a Milano.
Spinge il pubblico a comprare azioni Mediaset – come se fosse
un venditore di titoli e non il primo ministro di tutto
il paese – e dice, senza ridere mentre
crolla la borsa – a tutto il mondo
che: “L´affidabilità internazionale di cui gode l´Italia è data dal fatto che
a capo del governo c´è un
tycoon”. Ormai il
distacco di Berlusconi dalla realtà – il suo chiudersi
dentro il suo sogno narcisista
– è completo. Il resto del mondo – sia nei paesi
con governi conservatori sia quelli con governi di sinistra
– guarda Berlusconi con un misto
di orrore, stupefazione e voglia di ridere. Crolla
tutto intorno a lui, e lui ripete
sempre di essere il
salvatore della patria.